Gioia: segno della bellezza e affidabilità della fede cristiana.

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità, la password che vi consegno questa settimana è gioia. Un tema sul quale papa Francesco spesso ritorna nei suoi discorsi, omelie, esortazioni ed encicliche. Potremmo dire che la gioia è uno dei temi dominanti del pontificato di Bergoglio. Nella sua prima esortazione apostolica, l’Evangeli Gaudium, egli infatti ha scritto: «il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualistica che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (EG n. 2). Il mondo tecnologico di oggi, infatti, dice San Paolo VI: «ha potuto moltiplicare  le occasioni di piacere, ma esso difficilmente riesce a procurare la gioia. Perché la gioia viene d’altronde. È spirituale. Il denaro, la comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti» (GD n. 1). Dunque, la testimonianza della gioia per i cristiani è fondamentale nel contesto attuale, perché la gioia «è un elemento centrale dell’esperienza cristiana» (Benedetto XVI, messaggio per la XXVII giornata mondiale della gioventù), essa non è «inutile ornamento, ma esigenza e fondamento della vita umana» (lettera Rallegratevi n. 3). Probabilmente è attraverso questa testimonianza della gioia che si può realizzare quella evangelizzazione per attrazione che diverse volte papa Benedetto XVI ha detto essere la più valida per il mondo di oggi. La gioia, in un mondo triste come il nostro, infatti è «una testimonianza importante della bellezza e affidabilità della fede cristiana». (Benedetto XVI, messaggio per la XXVII giornata mondiale della gioventù). Purtroppo anche i cristiani, i religiosi/e, i sacerdoti possono cadere nella contro-testimonianza di una fede vissuta con tristezza. Ecco perché risuonano forti e provocatorie le parole del filosofo Nietzche ai cristiani: «Se la vostra fede vi rende beati, datevi da conoscere come beati! Se la lieta novella della vostra Bibbia vi stesse scritta in faccia, non avreste bisogno di imporre così rigidamente la fede» (Umano troppo umano, vol. 1, 234). Ci domandiamo allora: come vivere e rimanere nella gioia?

Le gioie umane resistono anche alla critica spietata del Qohelet, il quale ritiene che esse siano importanti per la vita dell’uomo. Infatti per questo autore sacro «non c’è di meglio per l’uomo che mangiare e bere e godersi il frutto delle sue fatiche» e – dice sempre lui – «mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. Di fatti chi può mangiare e godere senza di lui?» (Qo 2,25-25). Egli esorta ancora l’uomo a godere le piccole gioie del quotidiano e ad assaporare l’umile gioia di vivere con la propria donna amata: «Su, mangia con gioia il tuo pane e bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere. In ogni tempo siano candide le tue vesti e il profumo no manchi sul tuo capo. Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita e nelle fatiche che sopporti sotto il sole».(Qo 9,7-9).

L’Antico testamento conosce anche le gioie rumorose dei grandi giorni: l’incoronazione del re (cfr. 1Re 1,40), la vittoria in guerra (1 Sam 18,6) o il ritorno dei prigionieri (Sal 126,2s), come anche le gioie intime che non possono essere comunicate agli estranei: «il cuore conosce l’amarezza e alla sua gioia non partecipa l’estraneo» (Pr 14,10), che diventano anche fattore di salute: «un cuore lieto fa bene al corpo, uno spirito depresso inaridisce le ossa» (Pr 17,22), a cui si può contribuire con una buona parola: «l’afflizione deprime il cuore dell’uomo, una parola buona lo allieta» (Prov 12,25) o con uno sguardo benevolo: «Uno sguardo luminoso dà gioia al cuore, una notizia lieta rinvigorisce le ossa» (Pr 15,30). Le uniche gioie che Dio condanna sono quelle degli uomini che «godono nel fare il male e gioiscono dei loro propositi perversi» (Pr 2,14). Alla luce di questo breve percorso nella Bibbia ci chiediamo: perché la Sacra Scrittura fa riferimento anche alle gioie umane? Non potrebbe parlare soltanto delle gioie spirituali? La risposta è evidente: tutto ciò che Dio ha creato è buono ed è a servizio dell’uomo, anche le piccole gioie che la vita quotidiana ci offre.

Mi ha colpito molto un passaggio di Papa Benedetto XVI nel messaggio per la XXVII giornata mondiale della gioventù: «ogni giorno sono tante le gioie semplici che il Signore ci offre: la gioia di vivere, la gioia di fronte alla bellezza della natura, la gioia di un lavoro ben fatto, la gioia del servizio, la gioia dell’amore sincero e puro. E se guardiamo con attenzione, esistono tanti altri motivi di gioia: i bei momenti della vita familiare, l’amicizia condivisa, la scoperta delle proprie capacità personali e il raggiungimento di buoni risultati, l’apprezzamento da parte degli altri, la possibilità di esprimersi e di sentirsi capiti, la sensazione di essere utili al prossimo. E poi l’acquisizione di nuove conoscenze mediante gli studi, la scoperta di nuove dimensioni attraverso viaggi e incontri, la possibilità di fare progetti per il futuro. Ma anche l’esperienza di leggere un’opera letteraria, di ammirare un capolavoro dell’arte, di ascoltare e suonare musica o di vedere un film possono produrre in noi delle vere e proprie gioie».

Tutto questo però non basta perché ogni giorno, insieme alle piccole gioie quotidiane dobbiamo affrontare momenti di prova, preoccupazioni per il futuro, sofferenze, insicurezze, paure, ecc. al punto che molti si chiedono: è possibile avere una gioia profonda, piena e duratura in ogni istante della vita? Oppure si tratta di attimi, di istanti, brevi e fuggevoli? A queste domande rispondiamo condividendo ancora le parole di Papa Benedetto XVI: «In realtà le gioie autentiche, quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio, anche se non appare a prima vista, perché Dio è comunione di amore eterno, è gioia infinita che non rimane chiusa in se stessa, ma si espande in quelli che Egli ama e che lo amano. Dio ci ha creati a sua immagine per amore e per riversare su noi questo suo amore, per colmarci della sua presenza e della sua grazia. Dio vuole renderci partecipi della sua gioia, divina ed eterna, facendoci scoprire che il valore e il senso profondo della nostra vita sta nell’essere accettato, accolto e amato da Lui, e non con un’accoglienza fragile come può essere quella umana, ma con un’accoglienza incondizionata come è quella divina: io sono voluto, ho un posto nel mondo e nella storia, sono amato personalmente da Dio. E se Dio mi accetta, mi ama e io ne divento sicuro, so in modo chiaro e certo che è bene che io ci sia, che esista. […] Questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi si manifesta in modo pieno in Gesù Cristo. In Lui si trova la gioia che cerchiamo. Nel Vangelo vediamo come gli eventi che segnano gli inizi della vita di Gesù siano caratterizzati dalla gioia.

Quando l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria che sarà madre del Salvatore, inizia con questa parola: «Rallegrati!» (Lc 1,28). Alla nascita di Gesù, l’Angelo del Signore dice ai pastori: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). E i Magi che cercavano il bambino, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Il motivo di questa gioia è dunque la vicinanza di Dio, che si è fatto uno di noi. Ed è questo che intendeva san Paolo quando scriveva ai cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che mi accoglie e mi ama. […] E infatti dall’incontro con Gesù nasce sempre una grande gioia interiore. Nei Vangeli lo possiamo vedere in molti episodi. Ricordiamo la visita di Gesù a Zaccheo, un esattore delle tasse disonesto, un peccatore pubblico, al quale Gesù dice: «Oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo, riferisce san Luca, «lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,5-6).

E’ la gioia dell’incontro con il Signore; è il sentire l’amore di Dio che può trasformare l’intera esistenza e portare salvezza. E Zaccheo decide di cambiare vita e di dare la metà dei suoi beni ai poveri. […] Questa gioia profonda è frutto dello Spirito Santo che ci rende figli di Dio, capaci di vivere e di gustare la sua bontà, di rivolgerci a Lui con il termine «Abbà», Padre (cfr Rm 8,15). La gioia è segno della sua presenza e della sua azione in noi. A questo punto ci domandiamo: come ricevere e conservare questo dono della gioia profonda, della gioia spirituale? Un Salmo ci dice: «Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 37,4).

Cari lettori e lettrici di Cronaca e legalità, concludo augurando a ciascuno di voi di poter sperimentare ogni giorno della vita le piccole gioie semplici e sane, ma soprattutto di trovare la fonte della gioia, Dio stesso, l’amicizia con lui, perché si possano realizzare in ciascuno di voi le parole del grande Sant’Agostino: «Ci hai creati per te oh Signore, e il nostro cuore è inquieto fin quando non riposa in te» (Confessioni I,1).

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