Gratitudine: la memoria del cuore.

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità,ormai il vecchio anno è terminato e tutti cercano di fare buoni propositi per il 2018. Due giorni fa curiosamente ho visto su Facebook un post che recitava più o meno così: “lasciami una parola positiva con l’iniziale del tuo nome per il 2018 ed io ti ricambierò con un’altrettanta parola positiva per te con l’iniziale del mio nome”. Sulla scia di questa curiosa e simpatica pratica, ho pensato per questo nuovo anno di lasciarvi una password con l’iniziale del mio nome che sia positiva e sia un buon impegno per il 2018. Poiché mi chiamo Gaetano, la password questa volta è Gratitudine. Gratitudine è una parola a cui forse ormai siamo poco abituati, caduta in disuso nel nostro vocabolario personale. Ma che cos’è la gratitudine? La parola gratitudine deriva dal tardo latino gratitudo-dĭnis che a sua volta deriva da gratus che significa «grato, riconoscente». La gratitudine, dunque, indica il “sentimento e disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare” (dizionario Treccani on-line).C’è un episodio biblico che sempre mi colpisce e che a mio avviso esprime plasticamente cos’è la gratitudine. Nel vangelo di Luca leggiamo, infatti: «Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”».Questo episodio evangelico ci fa vedere cos’è la gratitudine non attraverso un concetto o una definizione, ma attraverso l’atteggiamento di un uomo – un lebbroso – che ricevendo il grande beneficio della guarigione, torna indietro a ringraziare Dio. Al tempo di Gesù la lebbra era una malattia terribile che non solo colpiva il corpo di colui/colei che la contraeva, ma soprattutto causava una vera e propria emarginazione ed esclusione del lebbroso dalla società. I lebbrosi, infatti, dovevano vivere in luoghi isolati, lontani dai centri abitati, e quando si presentavano nelle città dovevano suonare un campanello per avvisare gli abitanti della loro presenza. Il samaritano che, insieme ad altri nove lebbrosi, viene guarito è l’icona più bella della gratitudine perché p un uomo che consapevole del beneficio ricevuto, risponde con gli unici mezzi che possedeva: ringrazia, loda Dio e manifesta pubblicamente la sua riconoscenza. Colpisce anche in questo episodio il rammarico di Gesù per l’ingratitudine degli altri nove lebbrosi che al contrario del samaritano non sono tornati indietro a ringraziare. Sono l’icona delle ingratitudini e dell’egoismo che spesso segnano i nostri rapporti.Cari lettori e lettrici, penso che la gratitudine sia un atteggiamento del cuore da recuperare all’inizio di questo nuovo anno. Troppo spesso si vivono due atteggiamenti veramente deleteri e contrari alla gratitudine: il “lamento” e il “ritenere che tutto ci è dovuto”.Un proverbio antico dice che “l’erba del vicino è sempre più verde”. Ci lamentiamo che ci mancano alcune cose, che non riusciamo a raggiungere alcuni obiettivi, dei difetti degli altri, come della situazione generale che è attorno a noi. A volte il nostro lamento ha un fondamento vero e forse anche consistente, ma molto spesso nasce dall’egoismo che ci porta sempre a guardare a quello che gli altri hanno raggiunto, possiedono o fanno senza accorgerci di quello che già abbiamo. Re-imparare a vedere le cose positive della nostra vita e ringraziare è un atteggiamento che ci potrebbe rendere più felici. Ho letto tempo fa un libro di una psicologa che consigliava a fine giornata di fare un semplice esercizio che richiede pochi minuti: scrivere su un foglio le cose belle verificatesi nella giornata e ringraziare per queste. Questo semplice esercizio ci aiuterebbe a togliere gli occhiali neri con cui vediamo la nostra vita e contemplare la realtà intorno a noi diversamente, con occhi nuovi.Il secondo atteggiamento che dobbiamo combattere è il “ritenere che tutto ci è dovuto”. In realtà nulla ci è dovuto, ma tutto ci è dato in dono. La vita che possediamo, la salute, la nostra formazione, le opportunità che abbiamo raggiunto, le cose che quotidianamente abbiamo sono sempre frutto di un dono. Pensiamo alle tante persone che hanno segnato in positivo la nostra vita (genitori, nonni, zii, insegnanti, formatori vari, amici, ecc.) e grazie alle quali oggi siamo quello che siamo. Pensiamo alla creazione che ci circonda, spettacolo meraviglioso, dinanzi alla quale non dobbiamo perdere  lo stupore. Essa è frutto di Dio che ce l’ha donata perché la custodiamo e la amministriamo con saggezza. Nella vita niente ci è dovuto! Tutto ci è donato! Tutto ci invita alla gratitudine! Se provassimo ad essere più grati verso gli altri probabilmente migliorerebbero le nostre relazioni, diverrebbero più umane e autentiche. Un grande uomo di Dio, Don Oreste Benzi, che ha speso tutta la sua vita sacerdotale a servizio degli ultimi, ha dichiarato: “La gratitudine è l’espressione della maturità umana e, mentre la manifesta, la nutre e l’accresce. La gratitudine suscita dialogo di grazie tra chi ha dato il beneficio e chi lo riceve. (Don Oreste Benzi – Pane quotidiano – novembre/dicembre 2008).Oggi, cari lettori e lettrici, si parla molto della memoria, ci sono tante ricerche che tentano di indagare come funziona la nostra memoria, dove essa si colloca a livello celebrale, ma penso che dovremmo approfondire anche un altro tipo di memoria, la “memoria del cuore” ed essa altro non è che la gratitudine. Si! La gratitudine è “la memoria del cuore” come ha affermato qualcuno, memoria che conserva le cose belle e buone presenti nella nostra vita. Proviamo a farla funzionare un po’ di più! La Chiesa alla fine di ogni anno ci fa pregare con una bellissima preghiera, che si chiama il Te Deum. Un Inno di gratitudine a Dio per tutti i benefici ricevuti durante l’anno che è passato. Ve lo lascio come testo da leggere e pregare,un testo su cui riflettere, augurandovi un felice 2018 ricco di ogni bene per ciascuno di voi:

Noi ti lodiamo, Dio *

ti proclamiamo  Signore.

O eterno Padre, *

tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli *

e tutte le potenze dei cieli:

Santo, Santo, Santo *

il Signore Dio dell’universo.

I cieli e la terra *

sono pieni della tua gloria.

Ti acclama il coro degli apostoli *

e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *

la santa Chiesa proclama la tua gloria,

adora il tuo unico figlio, *

e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, *

eterno Figlio del Padre,

tu nascesti dalla Vergine Madre *

per la salvezza dell’uomo.

Vincitore della morte, *

hai aperto ai credenti il regno dei cieli.

Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *

Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore, *

che hai redento col tuo sangue prezioso.

Accoglici nella tua gloria *

nell’assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore, *

guida e proteggi i tuoi figli.

Ogni giorno ti benediciamo, *

lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, *

di custodirci senza peccato.

Sia sempre con noi la tua misericordia: *

in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore, *

pietà di noi.

Tu sei la nostra speranza, *

non saremo confusi in eterno.

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